Nel VI Congresso del 1971 scompaiono gli statuti autonomi provinciali e si dà unica validità allo Statuto nazionale. Il VII Congresso del 1973 definisce il Comitato Regionale come struttura autonoma e ne compone gli organismi: assemblea, direttivo e segreteria regionale.
Nella prima metà degli anni Settanta tutto il comparto editoriale è coinvolto dalla più grave crisi nella storia della stampa in Italia: si fa pressante la richiesta di una riforma dell'editoria. Il 3 ottobre 1973 viene presentata alla Camera l'indagine conoscitiva e di qui iniziano a delinearsi i fondamenti della riforma, attraverso un ampio dibattito che coinvolge Parlamento e mondo dell'informazione.
Gli interventi del SINAGI e delle altre organizzazioni sindacali sono fondamentali per far emergere la situazione della rete di vendita, fino allora considerata ai margini del dibattito sull'editoria. Dall'11 giugno 1971 anche la vendita dei giornali era stata compresa genericamente nella legge 426 sul commercio, ma non era colta la particolarità del rapporto di lavoro tra editore e rivenditore. Le rivendicazioni di categoria entrano con forza nel dibattito politico, dal 1971 al 1981, divenendo oggetto di discussione alla Camera e al Senato. Questioni come le commissioni paritetiche, il rapporto distributivo tra giornali nazionali, locali e rete di vendita, le necessità di ampliarla e razionalizzarla, un inquadramento legislativo specifico costituiscono il nerbo del dibattito e della battaglia categoria fino all'approvazione della legge 416 nel 1981.
Intervengono le importanti riforme dell'ordinamento regionale, con il Dpr 616 nel 1977, che trasferendo le funzioni amministrative ai Comuni influenzano le assegnazioni dei punti vendita, con il passaggio dai due livelli interregionali delle commissioni paritetiche all'ambito regionale. La Conferenza di Organizzazione del SINAGI del 1977 assume questa modificazione strutturale anche come elemento decisivo per far emergere la questione della programmazione dei punti vendita, elemento basilare per la futura legge sull'editoria.
Ma la tappa fondamentale di questo periodo è il rientro del SINAGI nella CGIL, con il passaggio dal VIII Congresso del 24-27 settembre 1976 (ultimo del SINAGI autonomo) al I Congresso di Ariccia del 10 marzo 1977, primo del rinnovato rapporto tra SINAGI e CGIL.
Il ritorno in Confederazione è determinato dal grande dibattito sulla riforma dell'editoria di quel decennio, in cui sono in gioco non solo temi vitali della stampa italiana, ma l'esistenza stessa della categoria degli edicolanti. In parte della FIEG e del mondo politico erano emerse forti spinte verso la liberalizzazione della rete di vendita dei giornali, considerata allora una "strozzatura nel canale distributivo", fattore di crisi nella diffusione della stampa, da eliminare liberalizzando le autorizzazioni. Di conseguenza, il SINAGI ravvede il pericolo di una sostanziale espulsione dal mercato della piccola e media editoria che non avrebbe mezzi, come quelli delle grandi concentrazioni editoriali sostenute dai grandi gruppi economici, per essere distribuita ovunque. Di fronte ai pericoli molteplici che si presentano (dalla caduta del reddito degli edicolanti alla sostanziale riduzione del pluralismo dell'informazione), il SINAGI si apre ad un rapporto nuovo e complessivo con le altre categorie dell'editoria, con le forze politiche e sociali. La scelta di un rapporto organico con la CGIL è il completamento di questo lungo itinerario per garantire l'uscita dall'isolamento. La proposta di aderire di nuovo alla Confederazione è accolta, nell'VIII Congresso, da una maggioranza dell'88,59%. Il SINAGI si presenta al mondo esterno in nuova veste e mette in evidenza l'intreccio profondo tra i problemi legislativi e sindacali che coinvolgono, con la categoria, tutto il mondo dell'informazione.
L'articolo 1 del nuovo statuto, nel Primo Congresso di Ariccia in CGIL, definisce la rivendita di giornali "il punto di diffusione dell'informazione a mezzo stampa". La parte minoritaria che non rientra nella CGIL costituisce il Sindacato nazionale autonomo giornalai, aderente alla Confcommercio. Il punto di conflitto verte sulla configurazione professionale del giornalaio, ritenuto dalla SNAG (presente quasi solo in Lombardia e al Nord) parte del mondo del commercio; mentre il SINAGI CGIL ritiene l'edicolante un lavoratore autonomo, in alcuni casi proprietario del suo mezzo di lavoro (l'edicola) ma non del prodotto da vendere (la stampa), a lui affidato da terzi, gli editori, in virtù di un contratto estimatorio. La delicatezza di questo rapporto s'incentra sulla particolarità del prodotto in vendita: la stampa come mezzo di diffusione della libertà d'informazione e delle pluralismo delle idee. Per questo il SINAGI ne fa caposaldo del suo essere sindacato e la CGIL accoglie la particolare condizione di lavoro autonomo, ma non di commerciante, del giornalaio.
In quegli anni si consolida la prospettiva unitaria con il primo patto federativo tra le organizzazioni dei giornalai CGIL, CISL, UIL, rapporto unitario che diventa essenziale su tutti i fronti: dalla contrattazione all'impostazione della nuova legge per l'editoria, dall'esaurimento delle commissioni paritetiche al fisco e così via.